Onorevoli Colleghi! - Il ruolo svolto dalle donne nel mondo del lavoro in Italia è andato sempre più crescendo negli anni, grazie al sostegno assicurato da una illuminata legislazione nazionale ed europea in materia di uguaglianza tra uomo e donna, di parità di trattamento e non discriminazione. Tuttavia molto resta ancora da fare per quanto riguarda il sostegno a quelle donne che, una volta avuto accesso al lavoro, ne rimangono vittime a seguito di incidenti e di infortuni quasi sempre causati dalla mancata previsione o dal mancato rispetto delle norme di sicurezza. È stato rilevato che, nelle migliaia di casi in Italia in cui le conseguenze mutilanti e invalidanti colpiscono le lavoratrici, il reinserimento nel mondo del lavoro risulta particolarmente difficile e penoso, a seguito delle condizioni fisiche e soprattutto psicologiche in cui avviene il ritorno sul luogo di lavoro, cui molto spesso, infatti, le interessate rinunciano. Su questo tema è intervenuta più volte l'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL), un ente che opera dal 1943 a sostegno della categoria e che ha istituito al proprio interno un gruppo di lavoro sui problemi delle donne, il cui contributo è stato essenziale per lo studio e la predisposizione della presente proposta di legge. In occasione della Giornata della donna dell'8 marzo 2003, per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni sulle donne infortunate sul lavoro, l'ANMIL promosse, in collaborazione con l'Istituto nazionale per l'assistenza contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e con il patrocinio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunità, un'indagine condotta dalla Intertel Services, la prima in Italia nel suo genere, volta a conoscere la condizione delle circa 220.000 donne diventate disabili per cause lavorative.

 

Pag. 2


      «La condizione della donna infortunata nella società» è il titolo del volume in cui sono stati pubblicati i risultati del sondaggio che aveva dato voce alle dirette interessate le quali, rispondendo a una serie di domande mirate, avevano avuto modo di mostrare il vero volto della disabilità al femminile e delle implicazioni connesse alla peculiarità dell'evento invalidante, fornendo una fondamentale quanto unica chiave di lettura per migliorare la loro situazione. La ricerca ha rilevato come alla costante crescita di donne occupate abbia fatto da contraltare un altrettanto costante aumento degli incidenti sul lavoro o delle malattie professionali che le avevano viste coinvolte, anche se i dati forniti dall'INAIL sembravano evidenziare una probabile, e comunque lieve, inversione di tendenza.
      Le specifiche necessità legate al vissuto della disabilità al «femminile» non sono sempre colte con la necessaria attenzione, mentre la peculiarità del trauma/handicap provocato dall'infortunio sul lavoro e le «ricadute della disabilità» sulla vita familiare e affettiva emerse dal sondaggio sono molteplici e configuravano un quadro spesso drammatico.
      Innanzitutto dall'indagine era emersa la capacità della donna di non rinunciare alla propria vita, sebbene contemporaneamente si dovessero registrare atteggiamenti sfavorevoli in ambito lavorativo e, soprattutto, una grande difficoltà a proseguire la propria attività professionale.
      Inoltre, emergeva uno sforzo, troppo spesso senza esito, di superare il trauma psicologico che l'infortunio inevitabilmente comporta.
      E se si è potuto constatare con soddisfazione la percezione positiva del livello di accettazione della disabilità da parte degli addetti ai servizi pubblici, dei colleghi di lavoro e del mondo familiare, a dimostrazione della crescita culturale del nostro Paese, tanti erano però risultati i problemi, a partire da quelli di natura pratica come il mancato adeguamento dei mezzi pubblici al trasporto dei disabili, la scarsa accessibilità ai servizi per il cittadino, la sanità pubblica non all'altezza o solo marginalmente efficace, la logistica insoddisfacente delle abitazioni private.
      Era risultato in modo evidente che il problema delle barriere architettoniche era fortemente sentito, con il picco di risposte negative fornito dalla fascia di età più giovane (meno di cinquant'anni) del centro Italia, che aveva fatto registrare il 92,6 per cento di risposte «per niente» o «poco» alla domanda «ha facile accesso agli uffici pubblici?».
      Rispetto alle altre aree geografiche, il sud e le isole lamentavano in misura minore questo problema, ma sempre su percentuali molto marcate (76,5 per cento per la fascia più giovane e 66,7 per la più anziana).
      Ancora più preoccupanti erano i dati sui problemi legati all'integrazione sociale e lavorativa, che sono lo specchio di un fenomeno molto grave, fatto di comportamenti illegali, oltre che immorali, ancora molto diffusi. Basti pensare che la fascia di età inferiore ai cinquanta anni denotava una forte spinta al licenziamento, che oscilla tra un massimo del 40 per cento nel nord ovest ed un minimo del 30 per cento nell'area sud e isole.
      E, dopo l'infortunio, in media circa il 60 per cento delle donne oltre i cinquanta anni di età aveva smesso di lavorare. Nelle aree geografiche centro e nord est in media circa il 40 per cento delle intervistate fino a 50 anni di età aveva cambiato azienda. Solo nel nord ovest la percentuale di donne rimaste a lavorare nella stessa azienda in cui avevano avuto l'incidente saliva fino al 57 per cento.
      Inoltre, le donne con età inferiore ai cinquanta anni intervistate nell'area sud e isole non avevano generalmente cambiato ruolo (80 per cento), mentre nel resto d'Italia le appartenenti alla stessa fascia di età hanno cambiato ruolo almeno per il 50 per cento dei casi e in particolare al centro (66,66 per cento), a probabile conferma della maggiore rigidità del mercato del lavoro nel sud.
      Passando ai problemi psicologici, generalmente tutte le intervistate avvertivano ancora incubi e senso di angoscia o ansia, maggiormente nella fascia di età oltre i
 

Pag. 3

cinquanta anni, con una media intorno al 60 per cento. Inoltre circa il 30 per cento delle intervistate manifestava il bisogno di un sostegno psicologico, senza differenziazione tra le due fasce di età.
      Gravi problemi erano emersi anche rispetto alla vita di coppia. La maggior parte dichiarava di avere avuto un compagno al momento dell'infortunio; di queste, la gran parte confermava che la persona le era rimasta generalmente vicino; nella fascia di età più giovane l'area del centro rispondeva con il 74,54 per cento delle intervistate che il compagno le era rimasto «abbastanza» o «molto» vicino; nella fascia di età oltre i cinquanta anni è sempre il centro che evidenziava la percentuale più alta nel dare risposta positiva (oltre il 78 per cento).
      Tuttavia emergeva il dato significativo che una donna su cinque in media dichiara l'abbandono da parte del compagno dopo l'infortunio. E, nel periodo successivo, oltre il 60 per cento delle donne intervistate della fascia di età inferiore ai cinquanta anni si era separata.
      Il picco più alto di queste separazioni era registrato con il 64,29 per cento al centro e al nord ovest.
      Una nota significativa circa le opportunità e le prospettive di reinserimento delle donne lavoratrici infortunate può essere data dalla capacità di utilizzare gli strumenti informatici. Rispetto all'uso del computer le risposte non erano certo state incoraggianti; esso era significativamente scarso anche nella fascia di età più giovane. Le intervistate che sapevano utilizzare meglio il computer erano prevalentemente concentrate nell'area geografica del nord ovest, quantunque fossero moltissime quelle cui sarebbe piaciuto utilizzarlo. Infatti, a questa domanda la fascia più giovane rispondeva in generale positivamente, in media più del 50 per cento e in maniera più marcata al nord ovest con oltre il 60 per cento. Peraltro, pur evidenziandosi una comprensibile spaccatura con la fascia più anziana, quasi il 30 per cento delle donne oltre i cinquanta anni di età avrebbe desiderato saper usare il computer. Il tipo di lesione subita non risultava incidere in maniera significativa su questa attitudine al lavoro telematico.
      Dunque, da questi dati, che nella loro sostanza possono essere considerati validi anche nella situazione attuale, appare necessario ridisegnare una prospettiva di equilibrato sviluppo, dove le pari opportunità costituiscano concretamente un parametro di qualità e un indicatore di crescita sociale, con la convinzione che oggi più che mai bisogna far crescere una nuova capacità di analisi in grado di orientare le politiche per l'occupazione, la sicurezza sociale, l'assistenza e, non ultima, la maternità, verso una maggiore valorizzazione del vissuto femminile.
      L'indagine realizzata dall'ANMIL resta, in ogni caso, un punto di partenza per chi intende farsi promotore di nuove iniziative e proposte sempre più mirate nei confronti dei soggetti istituzionali che saranno chiamati a rispondere alle esigenze che dall'indagine stessa sono emerse.
      È necessario, infatti, avviare una campagna di sensibilizzazione delle aziende rispetto alle lavoratrici che subiscono un incidente sul lavoro, mentre bisogna attivare servizi concreti per rispondere al disagio psicologico così fortemente emerso, promuovendo idonee forme di sostegno.
      Ma prima di tutto sono necessarie risorse economiche messe a disposizione dallo Stato, assieme a incentivi e sgravi contributivi e fiscali, da affiancare a modalità di cura e di assistenza concretamente capaci di promuovere l'aiuto alla vita e il reinserimento lavorativo e sociale delle donne infortunate.
      In quest'ottica la presente proposta di legge prevede una spesa statale a regime di 5 milioni di euro all'anno, per finanziare iniziative di servizio e per coprire le minori entrate derivanti dagli sgravi e dalle agevolazioni.
      L'articolo 1 prevede agevolazioni per i datori di lavoro che assumono le donne infortunate con contratti di lavoro a tempo indeterminato.
      L'articolo 2, invece, estende, con gli opportuni accorgimenti, tali agevolazioni anche alle nuove tipologie contrattuali, più
 

Pag. 4

elastiche, in gran parte ridisegnate dalla «legge Biagi», legge n. 30 del 2003, attuata con il decreto legislativo n. 276 del 2003.
      L'articolo 3 individua quali debbano essere i soggetti che possono godere di tali agevolazioni, nel rispetto delle tutele e della salvaguardia dei diritti delle donne infortunate.
      L'articolo 4 istituisce un sistema di informazione privilegiata per le lavoratrici infortunate ai fini dell'accesso alle migliori opportunità di lavoro.
      L'articolo 5 prevede particolari contratti di apprendistato per formare le lavoratrici alla migliore capacità di lavoro, agevolandone il successo occupazionale.
      L'articolo 6 stabilisce precisi criteri per la redazione del contratto di apprendistato rivolto a lavoratrici infortunate, onde evitare speculazioni e ulteriori esperienze negative di abbandono da parte delle donne interessate.
      L'articolo 7 chiarisce che i benefìci spettanti ai sensi della legge sono cumulabili con altri interventi agevolativi, in considerazione della particolare finalità sociale cui essi sono rivolti e allo scopo di non indebolirne l'efficacia, escludendo altre ordinarie forme di sostegno al lavoro.
      L'articolo 8 dispone la deroga ai limiti di età nel caso di lavoratrici infortunate, quando essi siano previsti per particolari tipi di contratto di lavoro.
      L'articolo 9 rappresenta la parte più innovativa della presente proposta di legge, in quanto istituisce un servizio di sostegno psicologico al reinserimento lavorativo della donna disabile, non lasciandola sola nei momenti difficili e non abbandonandola fino a quando non abbia maturato la piena consapevolezza e la più completa capacità di azione nel ruolo che le compete.
      L'articolo 10 dispone la copertura finanziaria dell'onere a regime, pari a 5 milioni di euro annui, a carico del fondo speciale di parte corrente.
      L'articolo 11 dispone per l'entrata in vigore immediata della legge.
 

Pag. 5